“Ci sono dei nomi che nessuno si prende cura di ricordare, dei nomi per cui nessuno fa il tifo: sono quelli degli 805 milioni di persone che, oggi, soffrono la fame nel mondo”.
San Valentino del 2015. È domenica. Al Parco dei Principi, Parigi, è in programma PSG vs Caen. Cabaye da centrocampo sventaglia sulla fascia destra per Aurier. Il terzino stoppa il pallone e col secondo tocco crossa al centro dell’area avversaria. Fra le maglie bianche dei difendenti s’allunga il gambone di Zlatan Ibrahimovic. Sono trascorsi settantadue secondi dal fischio d’inizio e i padroni di casa sono già in vantaggio per 1-0.
Terminati i festeggiamenti con i compagni l’attaccante svedese si toglie la maglietta e mostra a tifosi, fotografi, tivù una cinquantina di nuovi tatuaggi.
Come racconterà qualche anno più tardi Marina Catena, l’italiana alla direzione del World Food Programme in Francia e nel Principato di Monaco, erano tatuaggi temporanei realizzati ed applicati sul corpo di Ibrahimovic la sera prima dell’impegno di Ligue 1.
Sono nomi: Abdullah e Mariko, Carmen e Yaaee. Tanto per citarne alcuni.
All’indomani del match, in una conferenza stampa, l’ex giocatore di Ajax, Juventus, Inter e Barcellona, racconta il perché di quei nuovi tattoo sul suo corpo. Sono un simbolo. Rappresentano gli oltre ottocento milioni di individui che ogni giorno, nel mondo, patiscono la fame.
L’iniziativa avrebbe dovuto essere svelata fra primo e secondo tempo, mentre le squadre rientravano negli spogliatoi per l’intervallo. Ma Eupalla, la divinità che secondo Gianni Brera protegge e ispira il gioco del pallone, evidentemente aveva altri piani.
A proposito.
Il gesto, togliersi la maglietta, costa al numero 10 dei parisiens il cartellino giallo. L’edizione UK dell’Huffington Post due giorni più tardi, il 16 febbraio, titolerà: “A yellow card to 800 million hungry people”.
Bibliografia consultata per questa news
“Calcio, tatuaggi e…” di Cristian Riccio, edizioni Porto Seguro
https://forsman.co/work/world-food-programme/805-million-names
https://www.fiorentinanews.com (fonte immagine)
